Una storia d’amore dolorosamente imbarazzante.
Goffa in modo incomprensibile, Elizabeth Wilde è alla disperata ricerca dell’amore. Di un legame. Di intimità. Dopo una vita di fallimenti romantici, la gamer ventunenne si rende conto di aver bisogno d’aiuto. Le serve…
Un sex tutor.
L’atleta Austin Jacobs, sexy in modo sconvolgente, è proprio l’uomo giusto. Come dio del sesso in carica del campus, conosce alla perfezione la parte del playboy. Ma sotto quegli addominali a tartaruga batte un cuore spezzato. Austin non si fida delle persone, e di sicuro non crede all’amore.
La strana coppia fa un accordo. Quattro settimane di “tutoraggio” per cinquemila dollari.
Quando Austin persuade Elizabeth a uscire da dietro lo schermo del suo computer, l’attrazione che provano l’uno per l’altra è innegabile. Sono entrambi un po’ spezzati, ma in qualche modo i loro bordi seghettati combaciano. E quando il mondo crolla loro addosso, devono entrambi decidere se per questa strana cosa chiamata amore valga la pena lottare.
General Release Date: 29th March 2022
Fuori dal ristorante dopo cena, Jeremy sembra timido quanto me, e batte un piede sul marciapiedi tenendo le mani in tasca. Va bene, forse non quanto me. Lui riesce a guardarmi negli occhi senza arrossire. È timido del tipo “oh, guarda che dolce”, mentre io sono più il tipo “oh, ha dei problemi a interagire in società”. Sembra andare alla mia stessa velocità. Lento. Lento come una tartaruga a tre zampe su un ghiacciaio. È anche gentile. Non minaccioso. Sicuro.
La cena è stata imbarazzante solo un pochino, un trionfale successo nei termini relativi dei miei appuntamenti. Ma è la fine della serata e questa è la parte che odio.
Che facciamo adesso?
Un abbraccio?
Un bacio?
Una stretta di mano? No, sarebbe strana.
«Sono stato bene stasera», cinguetta lui con un sorriso innocente sulle labbra. Nel frattempo, il mio stomaco sta cercando di capovolgersi dall’interno. Calmati, Elizabeth.
Lui è ben lontano dall’essere il mio uomo ideale, essendo a stento più alto di me coi suoi centocinquanta centimetri e uno sputo. Lo si può considerare “in forma” solo se si intende “rotonda”. Non comparirà mai sulla copertina di GQ, o nemmeno di Wired. Non mi importa. Voglio che lui, o chiunque in effetti, mi faccia perdere la testa. Voglio provare qualcosa, qualunque cosa, a parte questa paura paralizzante.
Ho le mani sudate. Il cuore mi batte più forte che se avessi corso la maratona. Il mio cervello purtroppo ha attivato l’ipervelocità.
E se avessi qualcosa incastrato tra i denti?
E se il fiato mi puzzasse di cipolla?
E se il mio deodorante avesse smesso di funzionare?
E se fossi pessima a baciare?
E se pensassi che lui si sta avvicinando per un bacio, ma in realtà si sta avvicinando solo per un abbraccio, e facciamo quell’imbarazzante balletto avanti e indietro, finendo per urtare testa contro testa?
Il mio stomaco continua le sue acrobazie, annodandosi su sé stesso. Mi stringo le braccia attorno al corpo, implorandolo silenziosamente di assestarsi. Sono ignara dell’espressione sofferente che la mia faccia deve aver assunto fino a quando lui mi domanda con sincera preoccupazione: «Stai bene?»
Non posso dirgli che sto dando di matto, perciò mento. Senza dubbio non una cosa in cui sia particolarmente brava.
«Sì, sto bene». Cerco di fare spallucce con nonchalance e dico la prima cosa che mi passa per la testa. «Solo un po’ di aria. Sai, il cibo messicano…»
NON puoi averlo detto davvero!
Il dolce sorriso di Jeremy si spegne in una smorfia disgustata.
«Giusto», dice. Guarda verso la sua auto nel parcheggio, senza dubbio ansioso di allontanarsi dalla mia disastrosa personalità.
«Anche io sono stata bene», tento di recuperare.
Mi rivolge un sorriso forzato. Ora chi è che sembra avere problemi di aria? Quest’uomo ha ufficialmente perso interesse. Non posso dire di biasimarlo.
«Beh, si sta facendo piuttosto tardi». Indietreggia facendo un gesto con la mano, chiaramente evitando qualunque contatto fisico a questo punto. «Ti auguro la buonanotte, Elizabeth».
«Anche a te, Jeremy». Ricambio il goffo saluto con la mano e mi dirigo verso casa, la testa bassa per la vergogna per tutto il tragitto.
Nell’istante in cui la mia porta d’ingresso si chiude alle mie spalle, vado dritta al computer. Indosso le cuffie e fisso la finestra della videochat aspettando che Jackie risponda. Jackie è la mia migliore, e unica, amica. Coi suoi capelli rosso acceso e l’anello al naso, è anche diametralmente opposta a me. Lei è una donna impetuosa e risoluta, l’equivalente umano di un chihuahua. Piccola ma prepotente, è davvero decisa a conquistare il mondo. Proprio. Non. Da. Me. Io odio essere notata e cerco di tenermi fuori dai radar. Lei ama essere al centro dell’attenzione e finisce col comandare a bacchetta chiunque abbia vicino. Conto su di lei per la brutale, completa onestà.
«¿Qué pasa, chica? È come butta, ragazzina? in spagnolo. Ho pensato potesse servirti un po’ di cultura nella vita». Il sorriso a qualche megawatt e i ciuffi rossi fiammeggianti di Jackie illuminano il mio schermo. Il sorriso svanisce quando vede la sconfitta stampata sul mio volto. Oppure ho fallita scritto in fronte? O magari vergine ventunenne?
«Ehi, cos’è quella faccia triste?» La sua voce trascina via la mia mente dal contemplare tatuaggi facciali per commemorare i miei fallimenti e la riporta nel mondo reale.
«Stasera sono andata al mio appuntamento con Jeremy».
Lei mi fissa senza espressione. «Chi cazzo è Jeremy?»
«Lo sai, CommanderUxorious?» Lo username fa comparire una scintilla di comprensione nei suoi occhi.
«Oooohhhh, quel noob geekalizioso con cui chattavi da…» Fa una pausa, inspirando in modo eccessivamente teatrale prima di aggiungere: «Seeeeeempreeeee?»
«Taci. Non è stato così tanto. Solo sei mesi».
«È il triplo dell’aspettativa di vita di una delle mie relazioni. Allora, era sexy?»
Cerco di pensare a un modo carino per descrivere Jeremy. «È piuttosto dolce. In un modo un po’ hobbitesco».
«Hobbitesco? Che cazzo significa? Tipo piedi pelosi e un feticcio per la seconda colazione?» chiede Jackie con una risatina.
«Beh, è un po’ basso. E peloso. E cicciotto. Mi ricorda un hobbit. Non in senso brutto. O forse un porcellino d’india?»
«Santo Gesù Bambino, fermati. No. Proprio no. Non si può essere hobbitesco in un senso buono. Nessuno vuole scoparsi Frodo. Riesci a immaginarti di urlare: Più forte, Baggins, più forte!»
Fa folli versi sessuali, gemendo e battendo le mani sulla scrivania in stile Meg Ryan in Harry, ti presento Sally. Vorrei disperatamente trattenere un sorriso, ma non ci riesco. Nell’istante in cui mi vede cedere, ingrana la quarta.
Amelia Kingston is many things, the most interesting of which are probably California girl, writer, traveler, and dog mom. She survives on chocolate, coffee, wine, and sarcasm. Not necessarily in that order.
She’s been blessed with a patient husband who’s embraced her nomad ways and traveled with her to over 30 countries across 5 continents (I’m coming for you next, Antarctica!). She’s also been cursed with an impatient (although admittedly adorable) terrier who pouts when her dinner is 5 minutes late.
She writes about strong, stubborn, flawed women and the men who can't help but love them. Her irreverent books aim to be silly and fun with the occasional storm cloud to remind us to appreciate the sunny days. As a hopeless romantic, her favorite stories are the ones that remind us all that while love is rarely perfect, it’s always worth chasing.
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