Lui è sempre forte, sempre fedele... ma sarà suo per sempre?
Incinta, sola e trasferitasi temporaneamente nello chalet della sua famiglia nel Minnesota settentrionale, Clara Olafson è determinata a lasciarsi alle spalle il dolore del suo recente passato e a costruire una vita migliore per se stessa e il suo bambino. L’ultima cosa che si aspetta di trovare durante la sua passeggiata mattutina nella vicina foresta demaniale è un ex marine privo di sensi e ferito.
Colin ‘Fitz’ Fitzhugh può anche essersi inizialmente unito al Corpo per dimostrare di essere qualcosa di più di un ricco playboy, ma inizia ad amare la fratellanza e lo scopo che ha trovato lì, finché l’ultima missione in Afghanistan non costa la vita a uno dei suoi uomini lasciandolo profondamente segnato nel corpo e nello spirito. Sperando di lenire parte del dolore e del senso di colpa vagando da solo nella natura selvaggia, trova invece un angelo, una donna risoluta in attesa di un bambino.
Volano scintille mentre l’impertinente Clara assiste lo scontroso e misterioso Fitz fino alla guarigione, ma la felicità e la pace che entrambi iniziano a vivere nel piccolo chalet si infrangono quando Clara si trova ad affrontare un’emergenza sanitaria. Quando Fitz sceglie con riluttanza di tornare presso la sua ricca e privilegiata famiglia per salvare lei e la bambina, le fa immergere inuna società scintillante che Clara non è sicura di apprezzare. Ma Fitz potrebbe semplicemente dimostrarle che, sia in veste di filantropo miliardario che di padre improvvisato, sarà suo per sempre.
General Release Date: 29th March 2022
Clara Olafson canticchiava piano tra sé e sé mentre camminava con un po’ di difficoltà lungo il sentiero ricoperto di vegetazione. Così addentro alla foresta i sentieri non erano curati regolarmente come quelli più vicini al centro visitatori. L’aria del mattino era frizzante – la fine di agosto nel Minnesota settentrionale poteva sembrare come ottobre o novembre nel resto dello stato – ma a lei piaceva così. La brezza che la investiva era, sebbene fredda, come una familiare coperta. Come a casa. In più la spingeva ad accelerare il passo, il che era un bene per lei e per il bambino. Un paio di volte, negli ultimi tempi, aveva avuto la stranissima sensazione, quasi come un rivolo d’acqua gelida lungo la schiena, di essere osservata o seguita, ma aveva attribuito la cosa ai folli squilibri ormonali della gravidanza. Quella mattina, tuttavia, non sentiva altro che brezza fresca alle sue spalle.
Aveva preso l’abitudine di fare una passeggiata ogni giorno la mattina presto quando si era trasferita nello chalet due mesi prima, e aveva intenzione di mantenerla fino al giorno in cui fosse entrata in travaglio, che in realtà poteva essere piuttosto vicino. Il ginecologo che la seguiva a Saint Paul – prima – le aveva raccomandato di rimanere attiva, e lei voleva fare tutto il possibile per assicurarsi che la piccola vita che portava in grembo avesse il miglior inizio possibile. Aveva letto diversi libri, oltre a qualcosa come un paio di migliaia di siti web, e stava evitando i salumi, il tè verde, i dolcificanti artificiali, la caffeina e persino il cioccolato. Santo cielo, il cioccolato era stata la cosa più difficile da abbandonare, con la caffeina immediatamente dopo, al secondo posto. Ultimamente faceva un sogno ricorrente in cui entrava in una caffetteria poco illuminata e ordinava un gigantesco frappè ghiacciato al cappuccino con riccioli di cioccolato fondente e una montagna di panna montata in cima, ma si svegliava sempre prima di riuscire a berne anche solo un sorso. Le veniva l’acquolina in bocca al solo pensiero.
“No,” si rimproverò, parlando un po’ a se stessa e un po’ al bambino. “Niente cioccolato per il bimbo, non importa quanta voglia ne abbia la mamma.” Abbassò una mano ad accarezzarsi il pancione, come faceva spesso negli ultimi giorni, e sorrise al calcio deciso che ricevette in risposta, proprio sotto il palmo. Fu travolta da un’ondata di affetto e di istinto di protezione così intensi che quasi la spaventarono, cogliendola di sorpresa. Era incredibile sentir crescere un piccolo essere umano dentro di lei, ma era anche terrificante essere così completamente e pienamente responsabile della vita di qualcun altro.
Anche mentre era così presa di meraviglia il desiderio persisteva, così intenso che poteva quasi sentire il sapore del cioccolato che si scioglieva sulla lingua. Forse ho solo voglia di qualcosa di dolce? Non doveva mangiare troppi zuccheri, ma la frutta era sicuramente ancora permessa. Le bacche sui cespugli di more e lamponi poco più in là lungo il sentiero stavano proprio iniziando a maturare di nuovo. Sarebbero state aspre e succose. Si leccò le labbra al pensiero e sorrise della sua stessa impazienza. Chiunque si metta fra una donna incinta e il cibo che desidera merita qualsiasi cosa possa accadergli. Accelerò il passo, contenta di aver indossato pantaloni e maniche lunghe per evitare gli arbusti spinosi. Se ci fossero stati frutti a sufficienza forse sarebbe tornata più tardi con un cesto e ne avrebbe raccolti abbastanza per fare una torta. Oh, buon Dio, l’idea di una fetta di torta, anche solo un pezzettino, uscita calda dal forno con una crosticina di sfoglia, era così meravigliosa che quasi gemette ad alta voce.
Camminando a passo svelto raggiunse i cespugli e una volta arrivata, senza fiato, fu entusiasta di trovare subito alcuni frutti maturi, che si mise in bocca dopo averli staccati dai loro sottili rami. Il succo fresco le esplose sulla lingua e lei sospirò di piacere. Quelli maturi tuttavia erano pochi e distanti tra loro. Per la maggior parte erano ancora verdi e duri. Ma anche così su ogni arbusto ce n’erano abbastanza da indurla ad addentrarsi nel boschetto alla ricerca di tutti quelli che fossero stati pronti da mangiare, e ad assaporarli con gusto. Forse era solo un’eccessiva sensibilità dovuta a qualche strano motivo, ma si chiese se avesse mai assaggiato qualcosa di più delizioso.
All’inizio pensò che il lamento potesse provenire dal suo stomaco. Solo il cielo sapeva quanto, negli ultimi giorni, facesse ogni tipo di rumore: gorgoglii, rimescolii e brontolii così forti da svegliarla di notte. Ma quel suono era troppo intenso e troppo profondo. Si immobilizzò e inclinò la testa, in ascolto. Quando udì nuovamente quel basso gemito il cuore sembrò saltarle in gola. Cosa diavolo è? Cercando di calmarsi con un lungo e lento respiro e stringendo gli occhi, scrutò il boschetto. Probabilmente un cervo in difficoltà, si disse per tranquillizzarsi. O almeno sperava che fosse un cervo, perché se fosse stato un alce o un orso si sarebbe potuta ritrovare in guai seri. All’inizio non riuscì a distinguere un granché attraverso il denso fogliame, ma poi un leggero trambusto nei cespugli davanti a lei e alla sua destra indicò la posizione della creatura ferita, di qualunque tipo fosse.
Esitò. Una donna prudente sarebbe tornata allo chalet e avrebbe chiesto aiuto. Lo sapeva. Doveva stare attenta e non essere impulsiva come al solito. Ma poi udì nuovamente quel lamento, così angoscioso e pieno di dolore da farle venire un nodo in gola e le lacrime agli occhi. Una pura e incontrollabile compassione la fece avanzare di un passo, e a quel punto prese una decisione del tutto im-prudente. Se un animale emette un suono del genere, ragionò, è improbabile che sia in grado di muoversi abbastanza da farmi del male, se sto indietro. E non mi avvicinerò troppo.
Il gruppo di cespugli si trovava in una piccola valle con ripidi pendii coperti da pini che si ergevano alti su entrambi i lati. Man mano che si avvicinava alla creatura ferita vide una debole traccia di fogliame schiacciato e strappato che la raggiungeva dalla direzione opposta, e intuì che il povero animale era probabilmente rotolato giù dal punto più alto. Il suo cuore fu stretto dalla compassione. Sta certamente soffrendo molto. Rallentò il passo, portando attentamente il peso sulle piante dei piedi invece che sui talloni e cercando di respirare silenziosamente per evitare di spaventare il misterioso animale.
Si preparò a vedere una scena terribile, ma quello che invece trovò la fece trasalire per la sorpresa. Due enormi scarponi neri spiccavano scuri sul verde del sottobosco, e lei ne seguì con gli occhi il profilo fino a due gambe fasciate in un paio di jeans blu, una delle quali sembrava piegata in modo innaturale. Risalì ancora con lo sguardo fino a un punto in cui la sagoma era maggiormente nascosta tra le foglie, ma poté comunque scorgere una grossa mano e la trama di una spessa maglia verde, che si muoveva leggermente insieme al respiro dell’uomo. Si affrettò ad avvicinarsi.
“Oh mio Dio, pover’uomo! Dove senti più dolore?” chiese, cercando di tenere la voce bassa per non farlo agitare. Non ci fu risposta, a parte un altro angoscioso gemito, e quando finalmente riuscì a vederlo interamente in viso, lei capì quale fosse il motivo. L’uomo aveva gli occhi chiusi e su una tempia gli si era formato un brutto bozzo, già scuro per un accenno dei grossi lividi che sarebbero apparsi di lì a poco. La botta doveva anche avergli fatto perdere i sensi.
Lei si chinò in modo maldestro, con i movimenti ostacolati dalla goffaggine della gravidanza avanzata e dal gonfiore che non l’abbandonava mai e che le faceva sentire le dita delle mani e dei piedi come salsicce infilate in involucri troppo piccoli. Voleva però valutare se potesse avere altre ferite, e per farlo doveva avvicinarsi. Aveva seguito diverse lezioni di primo soccorso quando era una ragazzina, un requisito quasi fondamentale per la figlia di un medico in una zona rurale, quindi era ragionevolmente ottimista sul fatto di poter intervenire sulle ferite peggiori, ovunque si presentassero, prima di tornare di corsa allo chalet per chiamare un’ambulanza. Per quale motivo al mondo ho scelto proprio oggi, fra tutti i giorni possibili, per non portare il cellulare? Imprecò sottovoce e subito dopo indirizzò un mormorio di scuse al suo bambino.
Mentre si spostava più vicino a lui non poté fare a meno di notare che, ferite a parte, l’uomo sembrava essere in ottima forma. Si vedeva il profilo sporgente dei muscoli delle gambe anche sotto la spessa stoffa dei jeans, e le ampie spalle e il petto apparivano solidi e forti. Gli diede un’occhiata in viso, notando che i capelli erano tagliati vicino al cranio, e pensò distrattamente che li portava corti come quelli di molti militari ed ex militari. Anche se non poteva vedere i suoi occhi l’uomo era innegabilmente bello, con zigomi alti, sopracciglia e ciglia scure, mento e naso forti e labbra dall’aspetto morbido. Era anche più giovane di come le era sembrato inizialmente. Forse poco più di trent’anni.
Facendo scorrere le mani sulle sue gambe, con attenzione e tocco leggero, sentì il punto in cui un ginocchio era storto e gonfio ma fu sollevata dal fatto di non sentire nient’altro che sembrasse fuori posto, nei suoi arti inferiori. Alcune zone avevano una superficie irregolare, ma immaginò che potesse trattarsi di pieghe della stoffa o detriti della caduta. Sfiorò con le dita i fianchi, il petto, che era duro e muscoloso proprio come aveva immaginato, e le forti braccia. Con suo sgomento, anche uno dei polsi le sembrò leggermente gonfio. Mosse infine una mano esitante verso la testa. Si sollevò sulle ginocchia, chinandosi in avanti per capire meglio quanto fosse estesa e gonfia la zona dove l’uomo aveva ricevuto il colpo, che doveva essere abbastanza visibile attraverso i capelli cortissimi. Le ferite alla testa potevano essere insidiose, e sanguinare sia all’esterno che internamente. Il gonfiore era quasi certamente la causa del suo stato di incoscienza.
Non appena la punta delle dita entrò in contatto con il punto più gonfio, senza ombra di preavviso una delle mani mastodontiche dell’uomo le afferrò un polso, impedendole di muoversi. Lei strillò e cercò di liberare il braccio, ma la presa di lui la teneva ferma. Quando lo guardò in faccia, vide che lui la stava fissando con occhi di un azzurro brillante pieni di un misto di diffidenza e confusione.
Aurora is originally from the frozen tundra of the upper-Midwest (ok, not frozen all the time!) but now loves living in New England with her real-life hero/husband, two wonderfully silly sons, and one of the most extraordinary cats she has ever had the pleasure to meet. But she still goes back to the Midwest to visit, just never in January.
She doesn’t remember a time that she didn’t love to read, and has been writing stories since she learned how to hold a pencil. She has always liked the romantic scenes best in every book, story, and movie, so one day she decided to try her hand at writing her own romantic fiction, which changed her life in all the best ways.
You can find out more about Aurora at her website here.