«Lasci che l’aiuti.»
Al suono sexy e intimo di una voce maschile, Lara smise di infilarsi il cappotto e si voltò per guardarsi alle spalle. Il cuore le si fermò di colpo. Connor Donovan.
Quando era entrato nella sala da ballo dell’hotel un’ora prima, lei lo aveva notato immediatamente. Anche nel corso di un evento frequentato dall’élite dei potenti di Houston, l’uomo aveva attirato l’attenzione.
La sua amica Erin l’aveva presentata a Connor, suo fratello maggiore e presidente della Donovan Worldwide.
Era stato educato, anche se cortesemente distante, come se la sua attenzione fosse concentrata altrove. Lara aveva scoperto che il suo contegno glaciale era il complemento perfetto ai suoi freddi e intimidatori occhi grigi.
Suo malgrado, aveva continuato a osservarlo.
Dopo solo un quarto d’ora, lui e un paio di altri uomini avevano espresso le loro scuse e avevano lasciato la sala da ballo. Poiché erano tutti magnati, la loro assenza era stata notata.
Connor era stato il primo a tornare, e lei aveva notato il modo elegante con cui si era sistemato uno dei suoi polsini bianchi inamidati.
E ora, era in piedi dietro di lei a pochi centimetri di distanza.
«Posso?» la sollecitò.
La voce era amichevole, ma il suo tono implacabile la fece rabbrividire. Capì che non era davvero una richiesta. «Lo apprezzerei» rispose.
Quando le loro dita si sfiorarono, lei avvertì il suo tocco come se fosse il frammento di un fulmine.
La loro vicinanza era intima, rendendola consapevole di quanto fosse incredibilmente bello. Decise di proposito di non fargli capire quanto l’avesse turbata. Era cresciuta tra uomini autoritari, ma lui possedeva un’aura di comando unica.
L’uomo continuò a tenere il cappotto finché lei non si fu sistemata.
«Grazie» disse mentre si voltava verso di lui. Sebbene fosse alta e indossasse tacchi a spillo vertiginosi, dovette inclinare la testa all’indietro per incontrare il suo sguardo.
Lui la guardò senza battere ciglio, e per un momento Lara fu il fulcro della sua attenzione.
«È un piacere aiutare una bella donna.»
Lei si disse di non prenderlo sul serio. L’uomo non era stato nominato presidente della Donovan Worldwide in così giovane età senza aver imparato a considerare l’impatto delle sue parole. Tuttavia, i suoi modi gentili del sud la impressionarono. Nessuno avrebbe potuto criticarlo per essere passato senza fermarsi davanti all’area guardaroba. Ma non l’aveva fatto.
Connor rivolse il palmo della mano verso l’alto, indicandole di precederlo attraverso la porta a vetri girevole.
Fuori, una fredda pioggia cadeva come un torrente sferzato dal vento. Per fortuna il portico era coperto ma, ovviamente, non c’erano veicoli in attesa nella corsia dei taxi.
Una berlina si fermò e Connor disse: «Le do un passaggio.»
«Non sarà necessario.»
Proprio in quel momento arrivò di corsa un parcheggiatore. «Taxi, signora?»
Lei annuì mentre si scostava i capelli dal viso.
Il parcheggiatore andò sul marciapiede e fischiò per chiamare una vettura.
«È sicura?» chiese Connor.
L’idea di essere nel retro di un veicolo con lui anche solo per pochi minuti le dava i brividi in un modo che non aveva niente a che fare con la temperatura esterna. «Le assicuro, signor Donovan, che starò bene.»
Il taxi arrivò.
Connor allontanò il parcheggiatore. Nonostante il tempo, le aprì la portiera e la aiutò a salire sul veicolo.
«Ci rivedremo presto» le disse con parole dense di promesse, poi indugiò su di lei con lo sguardo. I suoi occhi non sembravano più così freddi, eppure apparivano dieci volte più pericolosi.
Con una mossa energica, lui chiuse la portiera e se ne andò a passo deciso.
Nei pochi minuti che avevano passato insieme, lei aveva percepito il vortice della sua autorità. Sapeva che avrebbe dovuto rifiutare il suo aiuto, ma c’era stato qualcosa di affascinante — qualcosa di seducente — nel modo in cui lui aveva istintivamente preso il controllo della situazione.
Lara diede all’autista la sua destinazione e cercò di scrollarsi di dosso l’effetto di Connor.
* * * *
«Dovresti chiedere a mio fratello di sposarti.»
Scioccata dall’affermazione, Lara scosse la mano, facendo schizzare il vino oltre il bordo del suo bicchiere. «Che cosa?» Il solo pensiero di suggerirle una cosa del genere le fece fermare il cuore prima di indurlo ad accelerare con furia. Distrattamente, prese il tovagliolo per asciugare la macchia rossa che stava filtrando sulla tovaglia bianca.
«Dovresti sposare Connor. Te lo ricordi al cocktail party, vero?»
Come se potesse mai dimenticare.
«Voi due sareste una coppia favolosa.» Erin Donovan prese il suo bicchiere di chardonnay e si rilassò contro lo schienale della sedia, con un enorme sorriso. «Quindi ecco qui. È la soluzione perfetta.»
«Perfetta? Non vedo come un matrimonio possa cambiare le cose.»
«Prima di tutto, avresti accesso ai consigli di Connor.»
«Ho già assunto dei consulenti.»
«Che non gestiscono aziende di successo come la Donovan Worldwide.»
«Non posso negarlo» concordò Lara.
«Se ritenesse che ne vale la pena, potrebbe aiutarti con le questioni finanziarie.»
Cosa che il padre di Lara non avrebbe mai preso in considerazione.
«Se fosse tuo marito, potresti farlo entrare nel Consiglio di Amministrazione» insistette Erin. «Avresti qualcuno che sostenga la tua posizione. E soprattutto, avresti un amante con cui condividere il carico emotivo. Smettila di accigliarti. Ti farai venire le rughe.»
Lara fissò Erin. Si erano conosciute ai tempi della scuola di specializzazione e avevano continuato a incontrarsi una volta alla settimana per discutere di affari e di altri problemi della loro vita. Gli anni le avevano rese non solo amiche, ma anche confidenti.
Fino a quel momento, Lara aveva considerato Erin estremamente intelligente e dotata di una grande capacità di risolvere ogni tipo di problema. Ma suggerirle di sposare qualcuno che non amava, specialmente il distaccato e cinico Connor? Anche se la testardaggine di suo padre aveva portato la situazione della BHI alla rovina, il matrimonio non era il modo per risolvere i problemi che affliggevano gli affari della sua famiglia. «Hai perso la testa.»
Dopo aver bevuto un sorso di vino, Erin posò il bicchiere e si sporse in avanti. «Dovresti pensarci.»
«Nemmeno tra un milione di anni.» Anche se la sua esperienza con Connor era durata solo pochi minuti, il suo impatto era ancora vivo. Il giorno dopo, si era ritrovata a pensare a lui, chiedendosi cosa sarebbe potuto succedere se si fosse fatta riaccompagnare al suo villino.
Probabilmente niente, si era detta. Solo perché le aveva offerto un passaggio non significava che fosse attratto sessualmente da lei.
Sfortunatamente, si era talmente eccitata a causa sua che ci erano voluti diversi giorni imbarazzanti, e molta determinazione, per liberarsi dalla presa che esercitava su di lei.
Ora, più di tre settimane dopo, i viticci del ricordo la innervosivano ancora. «Si dice che non sia in cerca di una moglie.» Non solo, ma secondo i pettegolezzi usciva raramente.
«Il che significa che hai cercato informazioni su di lui!» esclamò Erin.
«Non ho detto questo» protestò Lara.
«In quale altro modo potresti saperlo?» Erin sorrise sfacciatamente. «Penso che saresti l’ideale per lui. L’hai visto. È troppo dannatamente serio su tutto, lo è sempre stato. Da quando papà è morto, è peggiorato. Non che io possa biasimarlo. Ma di recente è diventato ancora più rigido di prima, come se non meritasse di essere felice. Ha bisogno di una vacanza. O di qualcuno che scuota il suo piccolo e riservato mondo. Zia Kathryn è d’accordo.» Inclinò la testa di lato, come se valutasse l’idoneità di Lara.
«Non guardarmi» disse Lara. «Non sono io quella donna. La mia vita è già abbastanza complicata.» Quando usciva, era generalmente per l’happy hour con un gruppo di amici. Poteva rilassarsi, divertirsi, avere un’avventura occasionale, ma mantenendo il suo tempo libero. «Inoltre, mi piace un tipo diverso di uomo.»
«Questo è assolutamente vero» concordò Erin. «Ti piacciono gli uomini con poco carattere.»
«Preferisco il termine ‘senza complicazioni’.»
«Certo, infatti» disse Erin. «Ricordi Randy? Era un tipo banale.»
«Era un bravo ragazzo.»
«Gli ci sono voluti quattro appuntamenti per baciarti.»
«Tre» la corresse Lara.
«Che sono tre di troppo.»
Lara trattenne un piccolo sorriso. Erin l’avrebbe presa in giro senza sosta se Lara avesse ammesso la verità. Era stata lei a prendere l’iniziativa. E quando era successo, il bacio non le aveva arricciato le dita dei piedi né l’aveva fatta svenire. In realtà, era stata stranamente distaccata. Quando erano andati a letto insieme, era stato frettoloso e l’aveva lasciata insoddisfatta. Quando poi gli aveva fatto capire che voleva di più, lui si era accigliato, ovviamente per metà offeso e per metà perplesso.
Si era detta che il sesso grandioso — diavolo, anche solo il buon sesso — era sopravvalutato. Randy era un brav’uomo, sempre comprensivo; non aveva mai protestato quando lei aveva lavorato fino a tardi o cancellato appuntamenti per affrontare uno dei drammatici discorsi di suo padre. Alla fine, però, la mancanza di chimica sessuale li aveva fatti allontanare.
Una sera a cena, quando non si vedevano da più di una settimana, lei aveva proposto una separazione amichevole. Lui aveva sorriso, con sollievo, aveva immaginato lei.
E poiché era sommersa dal lavoro, aveva scelto di non frequentare nessuno per un po’. La sua vivida immaginazione e la sua collezione di vibratori erano sufficienti. Magari non aveva un uomo come partner nella sua vita, ma si ripeteva che andava bene così, per il momento.
«Prendilo in considerazione» la incoraggiò Erin.
Invece di rispondere, Lara prese il suo vino.
«Dovresti almeno programmare un incontro con lui» insistette Erin.
«Ma la vuoi smettere?»
«Potrei darti il suo numero di cellulare.»
L’immagine di lui la fece rabbrividire. Tutta quella potenza e intensità? «No. Assolutamente no. Grazie.»
«In tal caso, ti darò il codice segreto per superare il suo assistente personale, nel caso tu decida di chiamare l’ufficio. Puoi trovare il numero online.»
«Un codice segreto?»
«Non ridere» disse Erin. «Un sacco di giornalisti intraprendenti e venditori usano ogni tipo di tattiche per superare il guardiano.»
«Deve essere una con le palle.»
«Uno» la corresse Erin.
«L’assistente personale di tuo fratello è un uomo?» L’informazione non avrebbe dovuto scioccare Lara, ma lo aveva fatto.
«Oh, sì.»
«Ah.»
Con l’indice, Erin sfiorò il bordo del bicchiere. «Lui è... interessante.»
«In che modo?»
«No, no. Non otterrai alcuna informazione da me. Vai a vedere di persona.»
«Smettila!» protestò Lara. «Dimmelo.»
«Assolutamente no.» Erin fece finta di sventolarsi il viso con la mano. «Va bene. Ti dirò questo... Thompson è in gamba. Bellissimo. Ex militare. Non lo so, è... inaccessibile.»
«Inaccessibile? È una parola interessante.»
«Come se avesse un mucchio di segreti. Non parla molto di sé. Quell’uomo mi spaventa a morte nel modo più eccitante possibile.»
«Ora sono curiosa.»
«Era proprio quello che volevo ottenere.»
Inaccessibile. Se si aggiungeva bello, enigmatico e potente, la stessa descrizione poteva applicarsi a Connor.
Il cameriere portò loro il caffè e la fetta della rinomata torta al lime che avevano ordinato per condividerla.
«Questa mi costerà un’ora sul tapis roulant» disse Erin mentre infilava il cucchiaio in un’estremità.
«Vale ogni singolo minuto» sottolineò Lara.
Dopo aver pagato il conto, uscirono. L’umidità e il calore della serata primaverile insolitamente calda travolsero Lara, adagiandosi su di lei e rendendola improvvisamente irrequieta.
«Sette, sette, tre, quattro» disse Erin.
Lara si accigliò.
«Questo è il codice per contattare Connor.»
«Non ne avrò bisogno.»
«Voglio che tu sia mia cognata.» Erin salutò con un cenno della mano e si diresse verso la sua macchina, mentre Lara tornava verso il grattacielo che ospitava l’azienda di famiglia, la Bertrand Holdings, Inc. Dato che tecnicamente era fuori orario, si scrollò di dosso il blazer nero e lo infilò nel manico della sua borsa oversize.
Inizialmente aveva riflettuto se cancellare o meno i suoi piani per la cena con Erin, ma dato che aveva lavorato così tante ore, Lara aveva deciso di rispettare l’appuntamento e di tornare dopo al lavoro per sistemare gli ultimi dettagli della giornata, mettere in ordine la sua scrivania e fermarsi in palestra prima di andare a casa. Ultimamente, sembrava di trascorrere più tempo dietro la sua scrivania che altrove.
Il problema era che non riusciva a vedere un traguardo, a breve. Avevano bisogno di più aiuto di quello che avevano, ma la riduzione del personale aveva lasciato tutti i dipartimenti tristemente sguarniti. Fare di più con meno era diventato un mantra. Sfortunatamente per lei, questo comportava un sacco di giornate di dodici ore lavorative, e il sabato era diventato un giorno di lavoro abituale.
Entrò nel grattacielo attraverso la porta di vetro girevole ed espirò di sollievo mentre l’aria condizionata le rinfrescava la pelle umida. Almeno una camminata veloce avrebbe potuto eliminare parte della torta al lime.
Mentre attraversava il pavimento di marmo verso una fila di ascensori, fece un cenno alla guardia di sicurezza.
«Nessun riposo per i malvagi?»
«Dovrò prendere nota di diventare una santa nella mia prossima vita» rispose Lara.
«Vale anche per me, sorella» rispose la donna.
Poiché la maggior parte dei dipendenti era andata a casa ore prima, l’edificio era silenzioso. La stupiva quanto fosse diverso il centro città dopo l’orario di lavoro. La mancanza di energia era palpabile, pesante. Un ascensore era addirittura in attesa di portare Lara direttamente al diciottesimo piano.
Era immersa nei suoi pensieri quando uscì dall’ascensore, e per poco non andò a sbattere contro qualcuno.
La persona si allungò verso di lei, afferrandole la parte superiore delle braccia per sostenerla.
«Chiedo scusa» disse lei.
«Tutto bene?»
Lara alzò lo sguardo. Una scossa elettrica la attraversò quando si rese conto che Connor Donovan la stava sorreggendo. Per un momento mozzafiato, il tempo sembrò fermarsi.
«Bene, bene» disse l’uomo. «La signorina Bertrand.» Continuò a trattenerla.
L’istinto di autoconservazione le urlava di tirarsi indietro, ma lei non... non poteva.
I loro sguardi erano incatenati. Lui aggrottò le sopracciglia scure, facendolo sembrare ancora più intimidatorio. Invece di spaventarla, il cipiglio di lui e la sua presenza attirarono la sua attenzione.
Non era sicura di quanto tempo fosse passato prima di ritrovare un minimo di equilibrio. «Sono... sorpresa di vederla qui.» E perché poi era lì?
Nel suo abito grigio tortora, la camicia inamidata, la cravatta rossa e le scarpe lucide ed eleganti, l’uomo era incredibilmente attraente, reso ancora più affascinante dalla leggera ombra di barba sulla sua incisiva mascella. E la sua voce... Non si trattava solo delle sue parole, ma anche del tono profondo e ben modulato che le faceva pensare a notti d’estate e a sesso caldo, bollente.
I suoi occhi, però, enfatizzati dal colore dei suoi abiti, erano freddi come lei ricordava.
Molto lentamente la lasciò andare. Lara fece due piccoli passi indietro. Dove lui l’aveva toccata, lei si sentiva vibrare.
«Mi è dispiaciuto che lei non mi abbia permesso di darle un passaggio a casa, qualche settimana fa.»
«Sono sicura che è un uomo impegnato.»
«Trovo sempre tempo per le cose e le persone importanti.»
Era una sciocca a pensare che anche lui avvertisse l’attrazione tra di loro? Scosse la testa. Era un uomo potente, ovvio che avesse un forte impulso sessuale. Non significava niente.
Sotto il suo sguardo, Lara era estremamente consapevole della sua pelle scoperta, delle ciocche di capelli umidi che le si arricciavano sulla nuca, del modo in cui la camicia di seta mostrava la sua silhouette. Avrebbe voluto avere indossato il suo blazer.
Lara si riprese mentalmente prima che il potere di lui la consumasse. «Stavo cenando con sua sorella. Se avessi saputo che aveva degli affari con BHI, avrei rimandato.»
Qualcosa di oscuro attraversò gli occhi di lui. «Credevo di dover incontrare il Consiglio di Amministrazione. O almeno, lei e Pernell.»
Lara aggiustò la presa sulla borsa per coprire lo shock dovuto al fatto che suo padre non le avesse detto nulla.
«In ogni caso, la mia proposta non è più sul tavolo.»
«Quale proposta?»
«Quella relativa alla vostra Divisione Comunicazioni.»
Una divisione che stava fallendo e che lei voleva vendere. Lara osservò la costosa valigetta di pelle dell’uomo, che senza dubbio conteneva una cartella di documenti o, più probabilmente, una chiavetta USB. «E ha cambiato idea?»
«Pernell ha chiarito che non era aperto alla discussione.»
«Capisco.» Le sue ginocchia cominciarono a vacillare. Era un altro esempio della testardaggine di suo padre? «Avrei voluto esserci.»
«Anch’io. Le cose sarebbero potute andate diversamente. Meglio.»
Lei cercò di guadagnare tempo. Forse suo padre era stato fuori luogo. D’altra parte, forse l’offerta di Connor era stata pessima. E aveva bisogno di tempo per risolvere la situazione, per capire cosa stesse succedendo e, soprattutto, per riflettere. «È disponibile a continuare la trattativa?»
«Alle mie condizioni precedenti? No.»
Connor fece un altro passo verso di lei, e lei rimase al suo posto, aspettando, preoccupata.
Si era avvicinato abbastanza da permetterle di inalare ancora una volta il suo profumo... quello di una determinazione implacabile con l’aggiunta di potere maschile.
Il suo cuore sembrò fermarsi, poi accelerò quando lui raggiunse il pulsante di chiamata dell’ascensore.
«Se è interessata a saperne di più, mi contatti.» Si fermò abbastanza a lungo per tirare fuori un biglietto da visita. «Il numero del mio cellulare personale è scritto lì.»
Lei accettò il biglietto.
«Buona serata» le disse quando le porte si aprirono.
Con la voce improvvisamente soffocata dal fragore delle sue pulsazioni, lei annuì e lo guardò entrare nell’ascensore.
In pochi secondi scomparve alla vista.
Lara emise un sospiro, sentendosi allo stesso tempo sollevata e delusa. Cosa si era aspettata?
Raddrizzò le spalle, si diresse lungo il corridoio verso l’ufficio di suo padre e bussò forte, poi spinse la porta senza aspettare un invito.
Pernell inarcò le sopracciglia mentre alzava lo sguardo. «Lara, tesoro» disse schiarendosi la gola. «Non mi aspettavo che tornassi, oggi.»
«Ovviamente.» Si sedette di fronte a lui e lasciò cadere la borsa sulla spessa moquette. La rigida sedia in pelle verde con lo schienale alto scricchiolò mentre si sedeva. Il resto dell’ufficio era altrettanto scomodo. Gli scaffali di mogano scuro traboccavano di riconoscimenti pubblici, ricordi e orologi antichi. Sulla sua gigantesca scrivania c’erano un telefono enorme, un sottomano, alcune penne sottili e una tazza di matite. A malincuore, suo padre aveva permesso al team informatico di installare un computer, ma era dietro di lui su una credenza. Lara sarebbe rimasta sbalordita dalla possibilità che lui l’avesse acceso. Tutto lo spazio odorava di tradizione del vecchio mondo o, secondo lei, di un modo antiquato di fare affari.
Al contrario, la sua area di lavoro era minimalista, dotata di elettronica moderna. Era stata progettata per la concentrazione e la flessibilità. I suoi piccoli e spartani confini erano evidenziati solo da una sorprendente composizione di fiori rossi, esposti in un vaso in lega metallica dalla forma artistica, il tutto progettato per incoraggiare la creatività.
I loro uffici erano solo l’inizio delle differenze tra Lara e suo padre.
«Ho appena incontrato Connor Donovan.»
«Ah sì?» Lui distolse lo sguardo, come per evitare il suo.
Lei afferrò i braccioli della sedia. «Pensava di avere un incontro con entrambi.»
«Davvero, adesso?»
«Papà, per favore. Non trattarmi con condiscendenza.» Trattenne il senso di frustrazione che minacciava di crescere dentro di lei. «Perché non mi hai detto che avevamo un appuntamento con lui?»
«Ho pensato di vedere se aveva qualcosa di interessante da dire, prima.»